Luogo di storia millenaria, di acque cristalline e verdi pascoli, di colline dolci e ondulate e di cime aspre e frastagliate, di natura selvaggia e di uomini pazienti e infaticabili, l’Alta Irpinia con le sue innumerevoli bellezze conquista il viaggiatore che, percorrendone i fiumi scintillanti e ricchi di vita, i boschi freschi e intricati e i suggestivi castelli medievali o ciò che di essi ancora rimane, non può che rimanerne affascinato. Un territorio nel quale l’uomo e la natura si sfidano
ancora in quell’eterno, ostinato braccio di ferro che rende dolce il paesaggio e nutre lo spirito del devoto e del viaggiatore. Un luogo in cui ci si può ancora incantare osservando un tramonto, in cui il grido selvaggio dell’urbanizzazione lascia il posto ai dolci e verdi rilievi che paiono giocare a rincorrersi con le nuvole bianche che, sospinte dal vento, lambiscono e accarezzano quei colli e che, ad ogni cima e ad ogni valle, dischiudono un segreto, una storia, una leggenda. Una terra in cui le specie selvatiche, oggi come un tempo, trovano un sicuro ultimo rifugio. Qui è possibile, durante una passeggiata, riscoprire la vita fervente in ogni angolo e in ogni anfratto e imbattersi nelle sue forme più belle che, non di rado, si insediano e vivono proprio la dove l’uomo ha abbandonato un vecchio rudere, una catasta di legna, una peschiera. Così non è infrequente, percorrendo una strada di campagna, incontrare l’elusivo e ormai sempre più raro tasso, o, in visita ad un vecchio castello, ascoltare il flauto dell’allocco e cogliere il rosso salto della donnola o ancora, sedendosi a riposare su un mucchio di pietre all’ombra di una roverella, disturbare il sopore del cervone e provocare l’allarme della ghiandaia. E’ qui che, se si accomoda il passo sulla breccia e le zolle di terra, se si sintonizza l’orecchio sui suoni del sottofondo, quelli intermittenti del frinire della cicala e quelli continui e dolci del soffio di vento, o ancora quelli allegri e briosi del torrente, se si riaffina l’olfatto sul profumo umido e buono di terreno e di funghi o su quello caldo e rassicurante di fieno e fiori di campo, se si modulano infine i sensi sul ritmo lento e continuo della natura, sarà finalmente possibile riscoprire quel legame ancestrale che, seppur sopito, non smette di richiamare la nostra anima al bello e all’autentico di una terra che ci appartiene e che, da sempre, conserva la nostra memoria, pronta e rendercela ogni volta che ne sentiremo l’urgenza e il richiamo appassionante.
Territorio
